FORMULA 1, MAZZONI: “FERRARI, COSÌ NON VA. VERSTAPPEN ARRIVERÀ MOLTO LONTANO”

Riportiamo l’intervista rilasciata da Gianfranco Mazzoni a Davide De Vincentiis per il blog della Bedavis, in collaborazione con Sportabruzzo.

Il piacere di raccontare lo sport è il filo conduttore della carriera di Gianfranco Mazzoni, giornalista teramano ormai storica voce della RAI, dove è stato impegnato prima nel calcio come seconda voce degli indimenticati Sandro Ciotti ed Enrico Ameri, poi, dal 1991 al 1996 come radiocronista delle gare di Formula 1, mondo in cui si è affermato come telecronista dal 1997 al 2018 e dal 2019 in qualità di opinionista. 

Il giovane Gianfranco si è presto appassionato allo sport ed in particolar modo, al calcio: del resto, il nonno materno Luigi Lucidi è stato presidente del Teramo nell’immediato dopoguerra ed ha trasmesso la passione per i colori biancorossi ai propri nipoti.

“La passione è stata naturale: mio nonno è stato presidente del Teramo ed io e mio fratello Marcello lo accompagnavamo ogni domenica al vecchio Piano d’Accio. Ho iniziato molto presto a giocare nel cortile di casa, per poi praticare atletica. Il calcio sarebbe tornato all’inizio della mia carriera professionale ed in seguito, vincendo dei concorsi in RAI ed anche grazie a Gabriele Tarquini, sono approdato nel mondo della Formula 1 ”.

Nella categoria regina dell’automobilismo, Mazzoni ha conosciuto numerosissimi piloti di eccezionale talento, sia per capacità velocistiche sia per la leadership mostrata all’interno della scuderia e di tutto l’ambiente, come, su tutti, Ayrton Senna e Michael Schumacher.

“Senna è stato la Formula 1: era un grande personaggio, diverso da tutti gli altri, che ha portato l’impronta del professionismo in questo sport, curando in maniera del tutto innovativa la preparazione fisica; a quei tempi, la stragrande maggioranza dei piloti trascuravano quasi completamente quest’aspetto, salvo poi dover iniziare ad occuparsi della propria preparazione atletica quando le vetture sono iniziate a diventare via via più complesse. Il fuoriclasse brasiliano è stato il primo ad avere un addetto stampa, curando le relazioni in una maniera sconosciuta per quei tempi, ed un manager, sebbene molte trattative fossero ancora curate da Senna in prima persona. Schumacher, invece, ha affinato i modi dell’asso verdeoro ed i risultati gli hanno dato pienamente ragione”.

Sebbene la Formula 1 sia ritenuta uno sport individuale, la gran parte del risultato passa anche (e soprattutto) dalla squadra: nel trentennio dedicato a questa competizione, il giornalista teramano ha avuto modo di vivere in prima persona i principali cicli della disciplina, basati su un pacchetto pilota-team principal.

“Ogni epoca ha avuto i suoi piloti ed i suoi direttori generali, i quali hanno dovuto affrontare le varie necessità contingenti. I team principals attuali devono affrontare problematiche molto complesse e tra questi, stimo Christian Horner (attuale numero uno del muretto Red Bull e vincitore di 11 titoli tra piloti e costruttori) e Toto Wolff (direttore della Mercedes, con cui ha vinto 15 titoli): sono entrambi grandi organizzatori e molto carismatici, oltre che profondi conoscitori del motorsport, essendo stati ambedue, in passato, piloti. Quelli del passato, dal canto loro, hanno compiuto imprese significative: Ron Dennis ha segnato un’epoca per la McLaren, mentre Jean Todt ha conquistato titoli a ripetizione al timone di una Ferrari che era rimasta per lungo tempo senza campionati iridati. Entrambi sono stati i primi a portare un’estrema professionalità nell’organizzazione delle squadre, che oggi contano sui 700 dipendenti, cifre impensabili anche solo negli anni ‘90. La Formula 1 si evolve sempre, da un anno ad un altro ed ancor di più da un’era ad un’altra, ma riesce sempre ad appassionare le folle”.

Mazzoni ha narrato i titoli dei più grandi piloti della storia dell’automobilismo, ma anche episodi meno positivi che hanno lasciato una profonda impronta anche nell’immaginario popolare.

“Gran Premi come San Marino 1994, con le scomparse di Ratzenberger e Senna ed il gravissimo incidente di Barrichello e Giappone 2014, con la tragedia di Jules Bianchi, sono difficili da dimenticare. Tra i ricordi più piacevoli, è impossibile non riportare la vittoria di gara e mondiale da parte di Schumacher in Giappone nel 2000, interrompendo un digiuno che per la Ferrari durava dal 1979 con il mondiale di Jody Schekter. Emozionanti, poi, anche i successi di Giancarlo Fisichella e quello, datato Monaco 2004, di Jarno Trulli, abruzzese come me ed al quale sono legato da grande amicizia.”

Da anni, sui social media il giornalista abruzzese è ricordato per gli aneddoti con i quali condiva le proprie telecronache: se all’epoca ciò era considerato dagli spettatori inutile gossip, per Mazzoni tali informazioni costruivano una precisa scelta giornalistica.

“Andavamo in onda su RAI 1, un canale per definizione frequentato da tutti, non solo dagli appassionati, ma anche da bambini, ragazzi e persone più anziane. Occorreva quindi condire la telecronaca con tanti aspetti che potevano interessare un pubblico così vasto ed eterogeneo. Questi aneddoti, poi, servono perchè spesso ci sono frangenti morti nei quali non accade nulla di significativo: in MotoGP, invece, la gara è condensata in quaranta minuti e pertanto vi è molta più azione, il che rende di fatto impossibile parlare di aspetti non precisamente legati alla disciplina. L’ironia fa parte del gioco ma è chiaro che occorre una preparazione globale sull’argomento, con tanto di aneddoti, statistiche e considerazioni sul circuito. La telecronaca, personalmente, inizia addirittura il giovedì, quando nel paddock, rapportandosi con i piloti e le squadre, hai modo di captare stati d’animi ed informazioni dei protagonisti del Circus, che devi inserire saggiamente in telecronaca, avendo cura, ovviamente, non sbagliare le cose più importanti.”

Chi non sbaglia mai in pista, è Max Verstappen: il campione del mondo in carica si è già imposto in ben 9 Gran Premi sugli 11 disputati quest’anno, non solo per via dell’evidente vantaggio tecnico della propria Red Bull, ma anche per le proprie innegabili qualità velocistiche, che lo hanno portato a scomodi paragoni con i grandissimi del passato.

“Verstappen può arrivare molto lontano, perchè è giovanissimo ed ha ancora notevoli margini di miglioramento. Si avvia ad essere nel pieno della maturità e dunque nell’apice della propria carriera agonistica: sbaglia molto raramente ed è supportato da una squadra pressochè perfetta e costruita su misura per lui, esattamente come la monoposto, progettata da un grande tecnico come Adrian Newey, il quale lo mette nelle condizioni perfette per sfruttare il proprio stile di guida. Gli altri, poi, annaspano, per vari motivi: l’olandese può battere tutti i record, perchè è un martello, tenace, sempre molto concentrato sui propri obiettivi, non commette errori ed è anche a volte aiutato dalla fortuna, che è comunque un ingrediente importante che può determinare il corso delle carriere dei piloti.”

La fortuna ha poi giocato un ruolo chiave nella carriera di Fernando Alonso: il due volte campione del mondo è stato la sorpresa di questa prima metà di stagione, nella quale ha conquistato 5 podi e mostrato come in pista non conti l’anagrafe, ma solo il cronometro.

“Fernando ama il mondo delle corse, come dimostra il fatto che dopo la seconda (e sfortunata) parentesi in McLaren, sia andato a correre anche nell’endurance e nelle gare statunitensi, totalmente diverse dalla Formula 1. Lo spagnolo è un vero racer, ma ha dei limiti caratteriali che lo hanno portato a compiere scelte poi rivelatesi clamorosamente errate: per un pilota di talento così grande, aver vinto due titoli nell’ormai lontano biennio 2005-2006, è poco e ciò mi porta a dire che avrebbe potuto vincere molte più corone iridate, date le enormi capacità al volante di cui è dotato.”

La grande delusione della prima parte del campionato è stata senza dubbio la Ferrari: dopo un 2022 promettente, la Scuderia ha portato a casa la miseria di 2 podi e crescenti critiche di una tifoseria stanca di non poter competere per obiettivi in linea con l’enorme tradizione del Cavallino.

“Le grandi difficoltà della Ferrari erano in qualche modo preventivabili, in quanto a Maranello si è sostituito Binotto con delle tempistiche scorrette: se la dirigenza aveva deciso di dare il benservito all’ex team principal a metà stagione, avrebbe dovuto silurarlo subito e non quando, come è avvenuto, la vettura 2023 era già pronta: il progetto è stato realizzato da tecnici a lui legati, probabilmente poco motivati dall’aria pesante che si respirava nella GeS. Vasseur ha ereditato questo progetto, difendendolo affermando che la SF-23 abbia un buon potenziale ancora da sfruttare: purtroppo, però, siamo a metà campionato e questo potenziale non è mai venuto fuori, nonostante gli aggiornamenti ed il gran lavoro di sviluppo portato avanti. Questo significa che il progetto era sbagliato: bisogna sperare che siano state individuate le cause di questo clamoroso flop tecnico, che è individuabile soprattutto nell’elevato consumo delle coperture, e che la monoposto del 2024 sia nettamente più competitiva rispetto a questa stagione. Il Cavallino deve avere gli uomini giusti ai posti giusti e cambiare nettamente filosofia di progetto, ma purtroppo ci vorrà del tempo.”

La Formula 1, con il nuovo corso Liberty Media sta vivendo una fase di enorme crescita nei mercati extra europei e tra i più giovani, ma molti storici appassionati sono contrari ad alcune innovazioni, come le gare sprint.

“La Formula 1 si è sempre rigenerata: anche dopo la tragedia di Senna e il primo ritiro di Schumacher, i piloti simbolo della categoria, la Formula 1 ha trovato nuovi personaggi e nuovi stimoli. Questo lo si vede anche nei risultati delle scuderie: Williams e McLaren sono in crisi, sebbene il team di Woking inizi ad intravedere la luce in fondo al tunnel. Il loro palmo da protagonista è stato preso da colossi quali Red Bull e Mercedes, che hanno monopolizzato i campionati dal 2009 ad oggi (la Brawn GP, vincitrice dei titoli 2009, fu rilevata dalla Mercedes Benz e trasformata in Mercedes GP). Occorre entrare in questa nuova realtà, più statunitense, che può comunque fornire nuovi spunti; anche se i nuovi circuiti non avranno mai il prestigio di templi dell’automobilismo quali Silverstone, Spa, Monza e Monaco. Il passato, romantico e leggendario, deve essere ricordato e promosso nei suoi aspetti più epici, come il primo giro di Ayrton Senna nel Gran Premio d’Europa 1993 corso sotto il diluvio di Donington Park, quando il brasiliano, scattato dalla quarta casella, superò in una tornata la più competitiva Benetton di Schumacher e le quasi invincibili Williams di Hill e del suo rivale per eccellenza Prost: gare come quelle non se ne vedono più, ma la gente segue ugualmente, perchè sono cambiati gli spunti d’interesse.”

Negli ultimi 10 anni solo Antonio Giovinazzi ha difeso il Tricolore nel Circus: di contro, più piloti provenienti dall’Oriente o paganti hanno trovato un sedile nella categoria regina dell’automobilismo.

“La Formula 1, adesso, è molto più globale rispetto a qualche decennio fa: il talento è sempre importante, ma ormai contano anche altri parametri. Nei primi anni ‘90 il Circus contava 14 piloti italiani ma molto è cambiato da quegli anni: spero che giovani promettenti come Andrea Antonelli e Gabriele Minì, uno in orbita Mercedes e l’altro in orbita Renault, riescano a trovare il loro sbocco, per cui devono mostrare il talento necessario al fine di indurre i vertici delle rispettive scuderie a credere in loro. Vi è poi un’altra questione: la Ferrari ha sempre puntato su piloti già formati e non ha mai cresciuto i piloti locali, cosa che invece faceva la Minardi, che ha dato opportunità a piloti come De CesarisMartini e Nannini e gli stessi Trulli e Fisichella. L’ACI si impegna molto in questo senso, ma non può permettersi costi esorbitanti per far crescere i giovani piloti.”

Mazzoni è diventato giornalista in un’epoca in cui i mezzi di comunicazione tradizionali vivevano un vero e proprio boom: oggi, la gavetta si fa soprattutto attraverso il web.

“Bisogna coltivare la passione e la professionalità, cercando di sfruttare tutte le opportunità che si presentano. In Italia, purtroppo, anche chi ha titoli universitari non ha la garanzia di poter esercitare una professione confacente: bisogna però investire su sè stessi, studiando ed essere al passo con i tempi, utilizzando le possibilità offerte dal web e da tutto ciò che non rientra all’interno dei tradizionali canali come televisioni, giornali e radio. Anche nel campo del giornalismo vi è continua evoluzione e chi riesce ad interpretare al meglio questo cambiamento avrà un futuro brillante, allenando sempre sè stessi e la propria professionalità”.

Davide De Vincentiis

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