Riportiamo l’intervista rilasciata da Stefano Mammarella a Davide De Vincentiis per il blog della Bedavis, in collaborazione con Sportabruzzo.
Esattamente come i più pregiati vini, Stefano Mammarella con il passare del tempo, migliora: il portiere del Futsal Pescara 1997 anche quest’anno ha disputato prove maiuscole, conducendo da leader in campo e nello spogliatoio i biancazzurri ad un terzo posto nella stagione regolare e ad una semifinale play-off, traguardi a cui forse neanche il più ottimista dei tifosi avrebbe creduto nel pre-stagione.
“Quest’anno è stato molto positivo per noi; credo che nessuno, alla vigilia del campionato, avesse scommesso sul Pescara. Sul campo, invece, la storia è stata diversa: ce la siamo giocata con tutte le squadre e abbiamo conseguito anche vittorie di prestigio, come contro l’Olimpus Roma e la futura vincitrice Feldi Eboli, oltre che fermare sul pari un fortissimo Napoli. Abbiamo fatto un percorso straordinario, anche grazie a mister Despotovic, uomo di campo, che ha fatto un lavoro eccezionale, sia nello spogliatoio sia in campo: ha creato una famiglia, amalgamando benissimo i ragazzi che ci hanno raggiunto la scorsa estate al blocco già presente. Appena arrivato ci ha detto che era nostro dovere sognare in grande, addirittura la Champions League: bisogna sempre cercare di superare i propri limiti e abbiamo preso alla lettera le sue parole, anche se, naturalmente, c’è rammarico, perché per poco non abbiamo ottenuto il massimo risultato”.
L’allenatore croato, alla prima esperienza in una big, ha dato la sua impronta alla squadra, costruendo un gruppo determinato e lanciando un’idea di gioco propositiva e spettacolare che ha incantato i sostenitori del Delfino.
“La partita più bella, nella quale però sfortunatamente non abbiamo vinto, l’abbiamo disputata contro la CAME Dosson nelle prime partite stagionali: il 2-2 maturato ci stava sicuramente stretto per quanto abbiamo offerto sul parquet. Ricordo con piacere anche il 4-6 strappato contro la Feldi Eboli al ritorno, in un match a senso unico in cui avremmo meritato anche una vittoria più tonda”.
Pescara ombelico del calcio a 5: Mammarella, bandiera ed incarnazione stessa del futsal pescarese, ha difeso i pali della DAF Montesilvano tra il 2009 ed il 2013, dell’Acqua & Sapone tra il 2013 e il 2021 e dopo il cambio denominazione della stessa, del Futsal Pescara 1997. In quattordici anni, il portiere originario di Cepagatti ha vinto gli scudetti del 2010 e 2018, la storica Champions League del 2011, le Coppa Italia del 2014, 2017 e 2018, le Supercoppe del 2014 e 2018 e la Winter Cup del 2017.
“Per me, aver rappresentato le più importanti realtà del futsal pescarese ed abruzzese è un enorme orgoglio: ho iniziato sui campi dell’oratorio e crescendo sono approdato in palazzetti di indiscutibile prestigio. Non mi sono mai stancato di giocare per l’Abruzzo e per le formazioni in cui ho militato: sono molto legato al mio territorio e ho fatto del mio meglio per portare, sia in Italia sia in Europa e nel mondo, in alto il nome delle squadre di cui ho difeso i colori”.
Oltre ai numerosi e prestigiosi trofei vinti con i club, Mammarella ha vinto tre Futsal Awards come miglior portiere tra il 2011, 2013 e 2014, secondo al solo brasiliano naturalizzato kazako Higuita, trionfatore in cinque occasioni.
“L’aver vinto per tre volte il premio di miglior portiere del mondo è motivo di grande orgoglio: ho raggiunto un obiettivo che mi ero predisposto, con tanti sacrifici e tanta passione, ingredienti fondamentali per raggiungere il successo, specie nello sport. Ho vinto, tra le altre cose, la Champions ed è stata un’emozione indescrivibile. Vorrei sicuramente tornare a giocare quella splendida competizione: occorre, però, mettersi a completa disposizione della squadra e dare il massimo. Per me, però, il successo non è mai definitivo: ogni volta che termina la stagione agonistica, ricarico le batterie per un paio di settimane, per poi focalizzarmi sugli obiettivi che, di volta in volta, mi pongo.”
Ad un’età in cui molti preferiscono appendere gli scarpini ed i guanti al chiodo, Mammarella non ha invece alcuna intenzione di smettere, spinto com’è da una fortissima passione e sostenuto da una ferrea disciplina.
“Ho ancora la stessa voglia di tuffarmi rispetto a quando ero bambino e fin quando mi sentirò così motivato e stimolato, sarò tra i pali: dentro di me, sento che posso dare ancora al futsal. Curo molto la dieta e cerco di raggiungere il giusto equilibrio tra l’alimentazione e la preparazione atletica.”
Come spesso avviene nello sport, il talento in un determinato ruolo viene scoperto a seguito di avvenimento casuale e, in questo caso, dalle sfumature sarcastiche.
“Ero un calciatore di movimento quando il mio mister degli Esordienti Fabio Polidoro, ora docente di Educazione Fisica a Paglieta, mi consigliò caldamente di mettermi in porta, per via della mia corporatura robusta: dopo qualche tempo, già le prendevo quasi tutte (ride, NdR) e da allora, essendo ormai innamorato dei pali che difendevo, non ho cambiato più ruolo. Sento ancora con molto piacere il professore, sempre compiaciuto dei risultati ottenuti da quel ragazzino dopo la sua brillante intuizione”.
Il portiere è un ruolo notoriamente delicato: coloro che fin da ragazzi intendono difendere i pali della propria squadra, cercano di carpire tutti i segreti del mestiere dai più affermati maestri, i quali, a volte, si ritrovano a lavorare fianco a fianco con quei ragazzi che, cresciuti, hanno raggiunto i propri idoli.
“Da piccolo, per via della mia fede interista, il mio modello era Gianluca Pagliuca, a cui, in età adolescenziale, si è aggiunto Gianluigi Buffon; nel calcio a 5, importanti punti di riferimento sono stati Gianfranco “Ciccio” Angelini, portiere della nazionale nella prima metà degli anni 2000 e Alexandre Feller, che lo ha sostituito in azzurro. Sono stato fortunato a lavorare insieme all’estremo difensore italo-brasiliano, in quanto mi ha fatto quasi da chioccia, dandomi molti spunti utili per migliorare.”
Mammarella dal 2008 difende i pali della Nazionale Italiana, di cui è quarto per numero di presenze e con la quale ha vinto da protagonista l’Europeo nel 2014.
“Difendere la maglia della propria Nazionale è il sogno nel cassetto di qualsiasi bambino: le prime volte che ho ricevuto il telegramma di convocazione in Nazionale, mi è scesa qualche lacrima, perché la chiamata in azzurro significa che avevo svolto un ottimo lavoro nel mio club. Con il passare del tempo e facendo prestazioni importanti, sono anche diventato capitano, ma questo non si è tradotto in meno cattiveria agonistica o impegno messo in campo, anzi: sono stato a disposizione dei ragazzi più giovani e dell’intero staff della nazionale. Ora sono fuori dal giro, ma spero ancora di strappare ancora qualche presenza ed aiutare ulteriormente a crescere ragazzi talentuosi e volenterosi”.
Davide De Vincentiis